Erica Candioli
02/11/2015 12:58 pm
Franco Gatti
Il rapporto tra le api e l’uomo è molto antico. Sia la ”predazione” degli alveari selvatici, nata agli albori della storia umana, che la successiva nascita dell’apicoltura in epoca storica, si basano sulle caratteristiche biologiche ed etologiche dell’ape mellifera. L’apicoltura infatti è nata nel mondo solo su questa specie di ape. Con l’affermazione dell’apicoltura, soprattutto in seguito all’uso delle arnie razionali, il rapporto tra api e uomo è divenuto una attività agricola, anche se le peculiarità dell’allevamento delle api sono davvero uniche in seno alla zootecnia. In questo senso lo stretto rapporto che le api hanno con l’ambiente è un punto fondamentale, come pure lo è il fatto che l’ape mellifera, anche quando selezionata dall’uomo, resta un animale selvatico e non domesticato. Negli ultimi decenni si registra un fenomeno definito declino delle api. Le cause sono complesse e molteplici ma in genere vengono individuate in problemi ambientali, come le modificazioni del paesaggio, l’emissione di inquinanti e l’uso di agrofarmaci, i cambiamenti climatici e la diffusione di nuovi e aggressivi agenti patogeni e parassiti delle api. Negli ultimi anni però, sulla scia anche di quanto si sta dibattendo trasversalmente tra le varie branche della zootecnia circa il concetto di benessere animale, a livello mondiale si sta interrogando su eventuali cause interne all’apicoltura stessa nell’ambito del fenomeno del declino delle api. L’apicoltura deve forse recuperare lo stretto rapporto tra caratteristiche ed esigenze biologiche dell’ape, o meglio del superorganismo alveare, e finalità produttive e gestionali.